La ricerca in neuroeconomia, la scienza che cerca di spiegare come gli umani prendono le decisioni, ha mostrato che le esperienze in cui si guadagnano soldi sono elaborate dal cervello nello stesso modo dei picchi di euforia indotti chimicamente, mentre le perdite finanziarie sono gestite come se fossero dei pericoli mortali. E allora, cosa possono fare gli scommettitori per aumentare le loro possibilità di avere una sopravvivenza proficua mentre camminano su una corda d'acrobata sospesi tra euforia e disastro?
La chiave per guadagnare sul lungo periodo nelle scommesse sportive è riuscire a unire una strategia di scommessa con un valore previsto positivo e riuscire a realizzarlo in maniera consistente. Sembra semplice, ma spesso ci mettiamo nei guai.
Bias cognitivi: una maledizione o una benedizione?
Nel 1972 Amos Tversky e Daniel Kahneman fecero conoscere al mondo una scoperta da Premio Nobel, vale a dire il concetto di bias cognitivi, modelli sistemici di deviazione dalla razionalità nel giudizio. Ovviamente, lo studio nel campo del giudizio e nel prendere decisioni si può applicare alle scommesse e si possono guadagnare molte cose dall'effettuare delle ricerche su come funziona la nostra mente.
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Gli psicologi hanno documentato una pletora di idee sbagliate che creiamo. Ad esempio, sopravalutiamo le altezze quando guardiamo verso il basso e questo ci impedisce di cadere.
Sfortunatamente queste scorciatoie mentali, conosciute anche come euristica, sono tutto fuorché qualcosa che ci può salvare la vita quando l'oggettività è essenziale, come nel caso delle scommesse.
Dai propri pensieri e dall'influenza sociale alla motivazione emotiva e alle fallacie riguardo all'elaborazione delle informazioni, prendere decisioni nelle scommesse è invariabilmente influenzato da bias cognitivi. Sono semplici da elaborare per il cervello, ma tendono a introdurre degli errori gravi e sistematici.
Se dobbiamo fidarci del rinomato scienziato tedesco Georg Christoph Lichtenber quando dice: "Una volta che conosciamo le nostre debolezze non ci fanno più male", c'è un barlume di speranza all'orizzonte.
Uno di questi bias cognitivi è il bias del senno di poi, che si può descrivere con l'espressione "ve l'avevo detto" e conosciuto anche come determinismo retrospettivo dopo che è avvenuto un evento. Il professore di psicologia Thomas Gilovich fu il primo a studiare il bias del senno di poi nel contesto del gioco d'azzardo.
In un esperimento che tentava di capire il motivo per cui gli scommettitori americani continuavano a utilizzare strategie di scommessa perdenti, osservò come le interpretazioni che gli scommettitori avevano riguardo ai loro successi e fallimenti influenzavano i loro comportamenti nelle scommesse successive.
Nel primo esperimento notò che dopo partite di calcio che erano state decise dalla fortuna, come una decisione sbagliata da parte dell'arbitro in grado di influenzare pesantemente il risultato della partita, né i vincitori né i perdenti cambiavano le loro scommesse.
Quelli che avevano perso davano la colpa delle loro perdite alla casualità, mentre quelli che avevano vinto non la consideravano perché quello che contava per loro era il risultato. Allora Gilovich giunse alla conclusione che gli scommettitori tendono a non valutare i motivi del successo, ma controllano in maniera attenta le ragioni degli insuccessi.
Nel secondo esperimento provò a determinare l'estensione con cui la fortuna passata può influenzare il comportamento delle scommesse future, ricordando ai partecipanti il caso decisivo in cui la fortuna ebbe un ruolo importante in una recente partita su cui avevano scommesso. Scoprì che questo aveva la tendenza ricostruire nuovamente la fiducia nelle proprie squadre da parte di chi aveva persa, senza diminuirla tra chi aveva vinto.
Nel suo ultimo esperimento Gilovich scoprì che le puntate successive di quelli che avevano perso nella situazione casuale, nei casi in cui il risultato era attribuito a questo motivo, e dei vincitori, sia nella situazione casuale o in una situazione in cui la vittoria era stata decisa da alcune capacità, erano di gran lunga maggiori rispetto alla prima.*
Per riassumere, la tendenza ad accettare senza ulteriori valutazioni il successo e tradurre le perdite in "quasi vittorie", può portare ad avere un'eccessiva fiducia nelle proprie capacità di scommessa e diminuisce le possibilità di avere successo in futuro. Gli scommettitori, come molte persone in altre circostanze, non vogliono ammettere l'errore.
Perché gli scommettitori devono essere consapevoli della bias del senno di poi
Si può battere la bias del senno di poi? La risposta breve secondo Jeff Ma, un membro del MIT Blackjack Team, che guadagnò una fortuna negli anni '90 battendo i casinò di tutto il mondo è che forse non è possibile. Siamo esseri umani e in quanto tali siamo soggetti a bias cognitivi.
Tuttavia, se dobbiamo fidarci del rinomato scienziato tedesco Georg Christoph Lichtenber quando dice: "Una volta che conosciamo le nostre debolezze non ci fanno più male", c'è un barlume di speranza all'orizzonte.
La prossima volta che ci troviamo a pensare a una "quasi vittoria" è possibile che stiamo ragionando con il senno di poi. Piuttosto che maledire il fatto, si dovrebbe prendere una pausa e chiedersi cosa sia più importante. Avere ragione o realizzare un profitto?Ci si potrebbe sorprendere dei risultati.
*Per maggiori dettagli riguardo all'esperimento di Gilovich si può fare riferimento alle pagine 127- 128 del libro The Psychodynamics and Psychology of Gambling di Mikal Aasved.